Contagi nelle CRA del circondario imolese e in ospedale, che cosa non ha funzionato?

Non si tratta solamente di verificare eventuali responsabilità, ma soprattutto di rimediare in tempo reale a quelle situazioni che hanno mutato in modo pesantemente negativo il panorama dei contagi nel territorio del circondario imolese. E riteniamo semplicistico affermare che il virus è entrato nelle strutture sopracitate attraverso gli operatori, come se vi fosse stato un rilassamento collettivo rispetto alle regole da seguire.

A nostro avviso ci sono state difficoltà importanti nel delimitare le aree covid free rispetto a quelle dove si verificavano i contagi…

Il titolo è esemplificativo del fatto che la situazione dei contagi presso le strutture sanitarie e le strutture residenziali per anziani o disabili è notevolmente diversa dalla prima fase pandemica della scorsa primavera. Già da alcuni mesi, diverse CRA nel circondario imolese hanno visto i propri ospiti e il personale che vi opera all’interno contagiato dal virus anche in situazioni numericamente notevoli, così come si è verificato un focolaio in alcuni reparti dell’Ospedale di Santa Maria della Scaletta.

Come ci si può spiegare il fatto che si sia passati da zero contagi tra gli ospiti delle CRA a diverse decine, registrando purtroppo anche delle vittime?
Le situazioni che hanno favorito la diffusione dei contagi sono sovrapponibili a più di una realtà e per questo motivo occorre analizzare le problematiche trasversali che hanno avuto conseguenze gravi e negative.

Non si tratta solamente di verificare eventuali responsabilità, ma soprattutto di rimediare in tempo reale a quelle situazioni che hanno mutato in modo pesantemente negativo il panorama dei contagi nel territorio del circondario imolese. E riteniamo semplicistico affermare che il virus è entrato nelle strutture sopracitate attraverso gli operatori, come se vi fosse stato un rilassamento collettivo rispetto alle regole da seguire.

A nostro avviso ci sono state difficoltà importanti nel delimitare le aree covid free rispetto a quelle dove si verificavano i contagi. Il fatto che gli spazi, nelle CRA così come presso l’Ospedale di Santa Maria della Scaletta, non siano stati così nettamente differenziati ha fatto sì che gli operatori entrassero a contatto con persone che avevano contratto il virus diffondendo a loro volta il contagio. Con il risultato che, come è successo per la CRA ”Santa Maria” di Tossignano, la quasi totalità degli ospiti e degli operatori sia stata contagiata dal virus.
Il problema spazi è stato aggravato dal fatto che gli operatori per coprire le carenze di organico si siano spostati da un reparto o da un nucleo all’altro non mantenendo una rigida suddivisione dei percorsi sporco / pulito – così come vengono definiti dagli operatori – con le conseguenze che abbiamo sotto gli occhi. La responsabilità degli spostamenti non deve ricadere sugli operatori che hanno lavorato per garantire livelli essenziali di assistenza.

Così come ha causato delle conseguenze il non avere tenuto allineati dal punto di vista temporale i tamponi fatti agli operatori con quelli degli ospiti, come per es. è successo nelle CRA di Imola. E si può anche ipotizzare che, rispetto alla sorveglianza sanitaria per gli operatori dei servizi sanitari e socio sanitari, si sia partiti tardi e solamente al verificarsi dei primi casi.
Si è proceduto per aggiustamenti successivi, così come quando pazienti ASL in attesa dell’esito del tampone non sono stati trattati come potenzialmente positivi al virus. Tra di loro sicuramente non tutti erano positivi, ma è stato sufficiente che ve ne sia stato uno a far diffondere il virus.
La presenza, inoltre, di parenti dei degenti al 6° piano dell’Ospedale può essere un ulteriore elemento di diffusione del contagio.

Il virus, come sappiamo, può presentarsi in modo asintomatico o con forme lievi paragonabili a sintomi da raffreddamento: l’unico modo per combatterlo è utilizzare tutte le procedure necessarie e gli isolamenti necessari sia tra le persone che nella gestione degli spazi.

Ci interessa sottolineare che questi che consideriamo errori nelle indicazioni fornite agli operatori, rispetto alle procedure da mettere in campo, non si verifichino nuovamente, sopratutto nel caso in cui ci trovassimo di fronte a una terza fase pandemica. Già questa fase ha messo a durissima prova gli operatori sul campo, in quanto si è strettamente collegata anche a carenze di organico, ma soprattutto alle difficoltà di reperire il personale che ha interessato in particolare le strutture accreditate ma gestite da privati. La carenza di infermieri e Oss, in parallelo al personale in quarantena o casa perché positivo ai tamponi, ha avuto ricadute negative molto importanti per chi si trovava a dovere garantire almeno dei livelli essenziali di assistenza.

Chi lavora nelle strutture sociosanitarie e sanitarie deve lavorare in sicurezza, deve vedere concretamente l’adozione di tutti i provvedimenti e di tutte le procedure necessarie a salvaguardare la loro salute e quella degli ospiti e dei pazienti delle diverse realtà.

Funzione Pubblica Cgil Imola
Maurizio Serra
Erika Ferretti