Riforma pensioni: raccolta firme Spi-Cgil per chiedere modifiche

Lo Spi Cgil e il Coordinamento donne Spi lanciano una raccolta di firme per il rispetto del diritto ad andare in pensione di vecchiaia per chi ha raggiunto i requisiti minimi di contribuzione e denunciano la grave ingiustizia perpetrata ai danni delle lavoratrici e dei lavoratori a cui occorre necessariamente porre rimedio…

Lo Spi Cgil e il Coordinamento donne Spi lanciano una raccolta di firme per il rispetto del diritto ad andare in pensione di vecchiaia per chi ha raggiunto i requisiti minimi di contribuzione e denunciano la grave ingiustizia perpetrata ai danni delle lavoratrici e dei lavoratori a cui occorre necessariamente porre rimedio.

L’ultima riforma previdenziale ha cancellato una serie di diritti acquisiti negli anni, che le precedenti riforme avevano sempre salvaguardato, soprattutto per le lavoratrici.

In particolare, il diritto ad andare in pensione di vecchiaia al raggiungimento dell’età minima richiesta (fino al 2011, 60 per le donne dei settori privati, 61 per le donne dei settori pubblici, 65 anni per gli uomini), con un’anzianità contributiva di almeno 20 anni, ridotta a 15 se questi erano stati maturati entro la fine del ‘92.

Ora l’ultima riforma cancella il diritto ad andare in pensione con 15 anni di contributi, perché per tutti e tutte sono richiesti almeno 20 anni.

Inoltre, anche per le persone che hanno 20 anni di anzianità contributiva, è stata innalzata in modo smisurato l’età per andare in pensione, a 66 anni per le lavoratrici dei settori pubblici e a 62 anni per quelle dei settori privati, che diventeranno 66 nel 2018.

Sono modifiche che avranno effetti drammatici sulle persone, in gran parte donne, che hanno cessato di lavorare nella convinzione di aver acquisito l’anzianità contributiva minima per accedere alla pensione di vecchiaia.

Quelle che si sono ritirate dal lavoro con 15 anni di contributi accreditati entro la fine del ‘92, o addirittura li hanno raggiunti versando contributi volontari, non potranno più andare in pensione e quei contributi saranno persi (contributi silenti). L’unica possibilità per loro è versare altri 5 anni di contributi volontari e attendere il compimento dell’età richiesta (ma sembra economicamente difficile visto che si tratta di donne che hanno da tempo cessato di lavorare).

Le persone che avevano già raggiunto i 20 anni di contributi mantengono il diritto contributivo ma non quello dell’età; anche loro dovranno attendere per anni il compimento dell’età.

Per la prima volta, dal 1992, sono stati aboliti diritti fin qui rispettati.

Si tratta di una vera e propria ingiustizia perpetrata a danno di persone che in passato hanno contribuito al sistema previdenziale con il loro lavoro e che si vedono negare, o differire con tempi inaccettabili, un diritto già maturato.

Tutto questo accresce le conseguenze spesso drammatiche delle ultime riforme delle pensioni, che richiedono modifiche incisive che rendano possibile la flessibilità in uscita e pongano un limite all’innalzamento dell’età pensionabile, introducano meccanismi di difesa del valore reale delle pensioni, ottengano una efficace tutela di coloro che, a seguito delle nuove disposizioni, si troveranno senza lavoro e senza pensione, prevedano misure per assicurare un futuro previdenziale ai giovani, penalizzati dalla precarietà del lavoro.

Su questi temi lo Spi e il Coordinamento donne dello SPI CGIL ha lanciato una mobilitazione e una raccolta di firme, al fine di sensibilizzare i Parlamentari di Camera e Senato e ottenere una modifica degli aspetti più iniqui della riforma previdenziale.

Le firme si raccolgono nelle sedi Spi-Cgil del circondario imolese. Per info: tel. 0542/605632.