Beni Comuni o etichette?

A noi qualche dubbio sulla coerenza tra quanto si predica prima e quello che si razzola poi è venuto dopo la discussione con la direzione di BeniComuni, dubbi in funzione dei quali Cgil e Cisl non hanno firmato il 30 maggio scorso l’accordo sul premio di produttività per l’anno 2016 dandone un giudizio negativo per diverse questioni….

Il Bene Comune è nell’accezione popolare una parola che definisce un bene condiviso da tutti i membri di una comunità, un termine positivo intorno al quale stringere le persone e svilupparne il senso di appartenenza sociale.
BeniComuni Srl è la partecipata che gestisce la manutenzione del patrimonio immobiliare, verde e strade del Comune di Imola e che pertanto appartiene a tutti i cittadini (anche ai dipendenti che votano nel Comune di Imola) che nel corso degli anni hanno contribuito con le loro tasse e imposte al bilancio comunale.
Il nome rappresenta una scelta di comunicazione al passo con i tempi, marketing comunicativo, forma di rappresentazione delle cose che spesso tradisce contenuti non adeguati ai messaggi lanciati.
A noi qualche dubbio sulla coerenza tra quanto si predica prima e quello che si razzola poi è venuto dopo la discussione con la direzione di BeniComuni, dubbi in funzione dei quali Cgil e Cisl non hanno firmato il 30 maggio scorso l’accordo sul premio di produttività per l’anno 2016 dandone un giudizio negativo per diverse questioni.
Prima questione è quella della decurtazione salariale ai lavoratori che donano sangue e midollo osseo (proprio oggi 21 luglio la Regione ha lanciato una campagna finalizzata ad aumentare il numero dei donatori) perchè ritenute assenti dal lavoro pur in presenza di un permesso retribuito. La motivazione è legata al fatto che la Direzione di BeniComuni intende distribuire il salario accessorio solo a chi è presente, un idea che venne anche al ministro Brunetta sui dipendenti pubblici poi ritrattata a fronte di un ondata di sdegno in un paese carente di sangue per definizione.
Abbiamo più volte sottolineato la questione che la contrattazione deve svilupparsi in un modello di sostenibilità sociale, dove non può subire una decurtazione salariale chi intende assolvere a questa fondamentale funzione. Oltre alle donazione le decurtazioni verranno fatte a chi assiste familiari disabili, alle donne in gravidanza (andando addirittura in contraddizione da quanto definito dalla Legge di Stabilità del 2016) e paradossalmente non verranno fatte a chi fa uno sciopero.
Unico risultato ottenuto, a fronte delle richieste, la deroga della prima donazione. Lo diciamo pubblicamente: preferiamo che la decurtazione venga fatta a chi sciopera piuttosto che a chi va a donare il sangue.

Seconda questione è quella della erogazione della parte di stipendio legata al raggiungimento dei risultati aziendali e agli obiettivi fissati per l’anno 2015, vincolata all’accordo sottoscritto tra datore di lavoro e sindacato e notificata ad un ministero.. Per l’erogazione dello stipendio, nel contratto di beni comuni, vi è un riferimento scritto al raggiungimento del MOL., cosiddetto margine operativo lordo, che testimonia lo stato di salute finanziario dell’azienda. Scopriamo quest’anno durante la discussione che BeniComuni ha cambiato le carte in tavola utilizzando un altro indicatore il ROL, risultato operativo lordo, differente dal MOL.
Chiaramente l’applicazione di questo parametro ha determinato, guarda caso, la attribuzione di cifre inferiori alle lavoratrici ed ai lavoratori di BeniComuni. E si che i contratti si chiamano così per richiamare le parti che li sottoscrivono ad applicare quanto vi è scritto sopra. E come se, scusate la banalizzazione, qualcuno facesse un contratto per usufrutto di una casa e poi dopo 3 anni il proprietario dichiarasse che invece intendeva un contratto di locazione. Secondo voi al normale uomo della strada sarebbe concesso di non applicare i contenuti dei contratti che sottoscrive?
Terza questione è relativa al fatto che in Beni Comuni si applicano due contratti diversi a parità di lavoro. Un problema da sempre esistente che continua anche sul salario accessorio dove le differenze si divaricano ancora di più creando lavoratori diversamente pagati a parità di funzioni.
Allora la domanda è: questa partecipata è un bene comune per chi ci lavora e per chi usufruisce dei suoi servizi?
Negare il salario accessorio a chi dona il midollo o il sangue, a chi assiste un familiare disabile o ad una donna in congedo di gravidanza, dal punto di vista sociale e produttivo è un bene?
Sottoscrivere un accordo e poi non rispettarlo è un bene?
Pagare diversamente chi fa la stessa cosa è un bene?
A noi la risposta sembra abbastanza chiara, così come ci sembra chiaro che Imola stessa abbia bisogno di meno chiacchiere e di più sostanza se si vuole ritagliare un ruolo diverso all’interno dell’area metropolitana.
Più fatti, meno parole e rispetto per le persone.

FP Cgil- Filctem Cgil- Femca Cisl- Cisl FP di Imola