“Con i tagli ci rubano i diritti”, l’Inca di Imola al presidio a Bologna

Gli operatori dei patronati dell’Emilia Romagna aderenti al CE.PA (coordinamento che raggruppa i principali patronati Acli, Inas, Inca e Ital) questa mattina, lunedì 17 novembre, hanno manifestato davanti alla Prefettura di Bologna per protestare contro i tagli delle risorse contenuti nella legge di Stabilità.

Le operatrici dell'Inca di Imola al presidio del 17 novembre
L’Inca di Imola al presidio del 17 novembre

Gli operatori dei patronati dell’Emilia Romagna aderenti al CE.PA (coordinamento che raggruppa i principali patronati Acli, Inas, Inca e Ital)  questa mattina, lunedì 17 novembre, hanno manifestato davanti alla Prefettura di Bologna per protestare contro i tagli delle risorse contenuti nella legge di Stabilità.
Un percorso di protesta in più tappe che sta ricevendo anche attestati di solidarietà da parte di parlamentari e istituzioni e che continuerà per tutto l’iter parlamentare di approvazione della legge di Stabilità, finché il Governo non si impegnerà a cancellare la norma che prevede una riduzione di 150 milioni di euro del fondo patronati, pari a circa il 35 per cento delle risorse del fondo stesso.
Difatti, mentre prosegue con decine di migliaia di adesioni la raccolta delle firme sulla petizione “No ai tagli ai patronati, avviata lo scorso 29 ottobre contro una misura che rischia di cancellare il diritto di ogni persona ad avere l’assistenza previdenziale e socio-assistenziale gratuita garantita da questi istituti, domani, con iniziative unitarie in tutte le province italiane, si svolgerà anche la “Giornata nazionale di protesta” volta a sensibilizzare l’opinione pubblica. Facce della stessa medaglia, di un consenso che cresce e che in tutta Italia, nelle sedi dei quattro Patronati e sui luoghi di lavoro, ha già portato alla raccolta di 250mila firme.
CGIL, CISL, UIL e ACLI Emilia-Romagna, insieme agli enti di patronato da loro promossi, ribadiscono con forza che la sottrazione delle risorse al fondo patronati, se approvata così com’è, si tradurrebbe in un’altra tassa occulta ai danni delle persone socialmente più deboli costrette, dietro pagamento, a rivolgersi al mercato selvaggio di sedicenti consulenti, che operano senza alcun controllo e senza regole.
Infatti, mentre i lavoratori dipendenti continueranno a pagare integralmente i contributi previdenziali all’Inps, lo Stato incamererà la quota oggi destinata alla tutela gratuita per destinarla ad altri scopi non precisati. Il Governo, quindi, finirà per appropriarsi di soldi che sono dei lavoratori senza specificarne l’utilizzo. Una beffa a cui si aggiunge un danno economico serio che aggraverà le già precarie condizioni di coloro che pagano con la disoccupazione e la povertà le conseguenze di una crisi gravissima.