I lavoratori della Recintex senza stipendio da febbraio

La situazione che stanno vivendo non è più sostenibile e per questo i lavoratori della Recintex, riuniti in assemblea venerdì 16 maggio, hanno dato mandato alla Fiom-Cgil di Imola di rendere pubblico quanto sta accadendo e di procedere per raggiungere un accordo di rateizzazione del credito…

fiomLa situazione che stanno vivendo non è più sostenibile e per questo i lavoratori della Recintex, riuniti in assemblea venerdì 16 maggio, hanno dato mandato alla Fiom-Cgil di Imola di rendere pubblico quanto sta accadendo e di procedere per raggiungere un accordo di rateizzazione del credito.

L’azienda non solo non paga gli stipendi da febbraio, ma non ha erogato l’indennità di cassa integrazione ordinaria relativa ai mesi di novembre e dicembre 2013, utilizzandola per sanare la propria situazione debitoria nei confronti dell’Inps, né l’indennità relativa ai mesi di gennaio e febbraio.

I 10 dipendenti, alcuni dei quali lavorano per la Recintex da trent’anni, non sono più in grado di provvedere al mantenimento delle loro famiglie. C’è chi non paga il mutuo o l’affitto da mesi, chi è stato costretto a ricorrere a diversi prestiti, chi ancora non può permettersi di iscrivere i figli alla gita scolastica, anche se la quota ammonta a pochi euro.

«Siamo stremati da questa situazione – spiegano i lavoratori – ma quello che più ci preme sottolineare è la scorrettezza, la superficialità, l’inaffidabilità del titolare che non è stato in grado di dare risposte alle nostre continue richieste di chiarimenti rispetto alle difficoltà e al futuro dell’azienda, né a quelle dei clienti che continuano a chiamare per sollecitare la conclusione dei lavori o per commissionarne di nuovi. L’azienda è ferma, visto che non avendo pagato i contributi non ha più il Durc (Documento unico regolarità contributiva), ma il titolare continua a tergiversare. Questo ci impedisce di avere certezze sulle prospettive dell’azienda e sulla possibilità di recuperare il nostro credito, anche rateizzato, con cui potremmo far sopravvivere le nostre famiglie, senza indebitarci ulteriormente. Siamo già seduti a terra – concludono i lavoratori – chiediamo almeno di non dover strisciare. Vogliamo solo quanto ci è dovuto per il lavoro svolto con correttezza in tutti questi anni e vogliamo avere ancora un futuro».