Non autosufficienza, sarà la volta buona?

Patto per un nuovo welfare, cinque proposte

Una grande riforma per l’assistenza agli anziani non autosufficienti che punti alla integrazione degli interventi socio-sanitari, tenendo conto delle specifiche ed eterogenee condizioni degli anziani e delle loro famiglie, incrementando i finanziamenti pubblici in particolare per i servizi domiciliari e residenziali e puntando sulla innovazione.

È questa in sintesi la riforma che il neonato “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza” chiede al Parlamento e ai Ministri della Salute Roberto Speranza e del Lavoro e delle Politiche sociali Andrea Orlando.

Secondo l’ultimo Dossier Istat, il rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e quella con meno di 15 anni è notevolmente aumentato, passando dal 33,5% del 1951 a quasi il 180% del 2019 (era il 148,7% nel 2001). Oggi sono circa tre milioni gli anziani non autosufficienti, ossia coloro che non sono in grado di svolgere da soli le normali attività quotidiane e hanno bisogno di un accompagnamento: rappresentano il 5% della popolazione e il loro numero è destinato a raddoppiare entro il 2030.

Al Patto hanno finora aderito 37 realtà della società civile, tra cui lo Spi-Cgil, che hanno deciso di rinnovare l’impegno grazie al quale, negli scorsi mesi, è stato inserito nel PNRR un progetto di riforma radicale e atteso dalla fine degli anni ’90 con la previsione di un investimento di tre miliardi e mezzo di euro.

Un’occasione imperdibile per dare risposte alle esigenze degli anziani non autosufficienti e delle loro famiglie, formalizzata dalle organizzazioni ed accolta dalle istituzioni e che, a partire da oggi, può tradursi in realtà grazie alle proposte e al confronto continuo fra i vari attori.

Le prime cinque proposte operative sono state elaborate dal Patto all’interno di un Documento presentato ai Ministri Orlando e Speranza, all’Onorevole Marialucia Lorefice e alla Senatrice Annamaria Parente. Eccole in sintesi:

Fare la storia. Come? Ridefinendo l’insieme degli interventi socio-sanitari finalizzati all’assistenza agli anziani non autosufficienti.

• Superare la frammentazione. Promuovendo un approccio unitario, a partire dall’elaborazione congiunta della riforma tra i Ministeri della Salute e del Welfare.

Riconoscere la specificità della non autosufficienza. Nel definire ogni aspetto della riforma, prendere in considerazione le specifiche condizioni degli anziani non autosufficienti, e la loro eterogeneità.

Investire per cambiare. Incrementare i finanziamenti pubblici dedicati alla non autosufficienza, in particolare ai servizi (domiciliari, intermedi e residenziali). Seguendo una semplice regola: ogni euro stanziato in più deve essere finalizzato a innovare le risposte.

Connettere interventi transitori e riforma. Avviare il cantiere della riforma, elaborando congiuntamente il testo generale e gli interventi transitori. È da questi ultimi infatti che si compie il primo passo del complessivo percorso di cambiamento.

Per arrivare a questo punto c’è voluto un quarto di secolo, scandito da numerose manifestazioni con milioni di iscritti ad associazione e sindacati scesi in piazza, e da raccolte firme, per chiedere una riforma organica sulla non autosufficienza, come quella su cui si sta lavorando. Una legge che dovrà ricomporre quello che c’è, riqualificarlo, trovare nuove soluzioni e fissare standard qualitativi per ognuno dei livelli essenziali di assistenza. Sarà la volta buona? Lo Spi-Cgil vigilerà affinché il cambiamento si concretizzi.