Impatto della pandemia sull’occupazione anche nel circondario imolese. Acceleriamo con la pianificazione per creare posti di lavoro.

Dai dati inseriti nel portale dell’Agenzia regionale per il lavoro, si evince che nei comuni del nostro territorio la pandemia ha colpito pesantemente le attivazione dei contratti da lavoro dipendente.

Sul totale delle attivazioni nell’anno 2020 (20.057 escludendo i contratti da lavoro intermittente e il lavoro domestico), il calo rispetto al 2019 è stato del 20,40%. Le attivazione dei contratti precari (apprendistato, somministrazione e tempo determinato) nel 2019 corrispondevano a 22.453 posizioni, mentre nel 2020 sono diminuite a 18.068 attivazioni (-19% circa). I contratti a tempo indeterminato passano da 2.747 del 2019 ai 1.989 del 2020 (-27% circa).
La crisi economica prima e ora la crisi pandemica hanno inciso notevolmente sulle attivazioni dei contratti a tempo indeterminato nel nostro territorio. Se facciamo riferimento al 2008, le attivazioni dei contratti a tempo indeterminato sono calate del 56,37% (4.559 totali nel 2008).
Pur tenendo in considerazione che una persona può aver avuto più attivazioni nel corso dell’anno, se ne deduce comunque che le attivazioni precarie, seppure in calo, sono sempre una percentuale molto alta (attorno all’89% del totale) rispetto al lavoro stabile.
Il settore che registra il maggior calo nel 2020, rispetto al 2019, è stato quello delle costruzioni (-25%) e a seguire agricoltura, industria, commercio e servizi (-20%).
Rispetto al 2008, il settore dell’industria passa da 6.279 attivazioni a 3.631 nel 2020, le costruzioni da 2.105 a 963 e i servizi e commercio da 13.469 del 2008 a 10.017 del 2020. L’agricoltura nonostante il calo delle attivazioni degli ultimi due anni, rimane comunque con un numero di attivazioni più alto rispetto al 2008 (4.184 e 5.449 nel 2020).

«È importante che venga accolta dall’Agenzia regionale per il lavoro la nostra richiesta di avere i dati aggiornati trimestralmente anche per i comuni del circondario imolese – afferma Mirella Collina, segretaria generale della Cgil di Imola -. Dati importanti, che fotografano in parte la situazione occupazionale del territorio, dai quali partire per cercare soluzioni per creare buona occupazione, anche attraverso le risorse che arriveranno dal Recovery Found per l’ambiente, il digitale e il new green. È inoltre necessario rafforzare, come ripetutamente richiesto, il Circondario imolese, e in particolare l’Ufficio statistiche che, in collaborazione con la Città Metropolitana, deve elaborare tutti i dati relativi all’occupazione anche settore per settore. Occorre lavorare insieme per innescare sinergie utili al fine di investire nel territorio, pensando innanzitutto all’occupazione giovanile, partendo da un adeguato orientamento scolastico, e a quella femminile, alla formazione, al welfare. Gli strumenti che ci permetteranno di definire e attuare lo sviluppo del territorio sono il Piano strategico circondariale, che sta continuando il suo percorso, e i tavoli circondariali attivati attraverso l’Ufficio di Piano per verificare i progetti esistenti in ambito socio-sanitario ed elaborarne altri, adeguati ai bisogni emersi durante la fase pandemica, sia per rispondere alle richieste dei cittadini, sia per creare nuovi posti di lavoro. E’ necessario però accelerare su tutto – sostiene Collina -. Non possiamo restare fermi, né tanto meno permetterci di perdere altri posti di lavoro. Lo scorso 26 giugno lo abbiamo ribadito manifestando unitariamente in tre piazze. Non possiamo accettare ulteriori risoluzioni di contratti di lavoro e pertanto verificheremo che le aziende rispettino l’intesa raggiunta con il governo e, a livello regionale, il Patto per il lavoro e il clima che contiene indicazioni analoghe: prima di arrivare ai licenziamenti occorre utilizzare tutti gli strumenti a disposizione. E’ necessario tenere monitorata la situazione, soprattutto nelle aziende medio-piccole dove non c’è una presenza sindacale. Al contempo si deve intervenire al più presto sulla riforma degli ammortizzatori sociali e il rafforzamento delle politiche attive. Solo attraverso un’occupazione di qualità, vale a dire retribuzioni eque e contratti stabili per contrastare sfruttamento e precarietà, si può pensare di dare un futuro al paese».